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Incubo di Wulf Dorn + intervista







Salve lettori! Un paio di settimane fa ho avuto la fantastica opportunità di assistere insieme ad altre blogger a una presentazione del nuovissimo libro di Wulf Dorn direttamente nella sede della casa editrice Corbaccio a Milano. È stata davvero una bellissima e interessante esperienza, avendo avuto l'opportunità di porre molte domande allo scrittore. Qui troverete la mia breve opinione, la trama e la lunghissima intervista, buona lettura!


Questo è un libro che veramente mi ha sconvolta e allo  stesso tempo mi ha accompagnato in un delirio ipnotico. Mentre cerchi di farti strada tra incubi e realtà vieni costantemente risucchiato in un vortice di terrore dal quale è sempre più difficile uscirne. Quando ti accorgi che l'incubo accade non quando dormi ma quando sei nella realtà tutto precipita ed ogni cosa acquista un nuovo significato. Un libro dai toni cupi e molto intensi, che sa creare le giuste dosi di suspence e mistero, un ritmo decisamente incalzante e dei personaggi semplicemte fantastici. Tutto sembra ruotare intorno all'archetipa figura del lupo quando in realtà la protagonista è la paura stessa, nella sua forma più oscura e crudele. Un libro che mi ha colpito e di cui farò sicuramente una seconda rilettura. Ve lo consiglio se anche voi amate i thriller psicologici e molto adrenalinici.



Trama: 

Simon è un ragazzo difficile, rinchiuso da sempre nella sua malattia. La sua vita precipita in un incubo dopo la morte dei genitori in un terribile incidente d’auto, dal quale Simon esce miracolosamente illeso. Fobie, allucinazioni, sogni che lo tormentano ogni notte. Costretto a trasferirsi dalla zia Tilia dopo un periodo di riabilitazione in ospedale, passa le sue giornate esplorando la campagna sulla bicicletta del fratello Michael. Nella zona sembra aggirarsi un mostro: una ragazza è scomparsa, e una notte si perdono le tracce anche di Melina, la fidanzata di Michael, il quale diventa l’indiziato principale. Insieme a Caro, una ragazza solitaria che Simon conosce nel collegio che inizierà a frequentare a settembre, Simon affronta le proprie paure più nascoste e va a caccia del lupo che miete le sue vittime nel bosco di Fahlenberg.
Oscuro, inquietante, avvolgente, Incubo è il nuovo psicothriller di Wulf Dorn.



Intervista:

                  

  
- Ho trovato delle novità in questo libro, una tra queste è: il personaggio principale è un ragazzo, non un adulto come nei romanzi precedenti e il nemico è la paura. Perché questa scelta? 

Avevo già trattato una volta un personaggio giovane,  nel romanzo "Il mio cuore cattivo". Qui però si tratta soprattutto di elaborare la paura della perdita, che è il tema centrale di tutto il romanzo. Mi interessava partire dal punto di vista di un ragazzo, perché trovarsi proprio nel momento di passaggio tra l’infanzia e l’essere adulti rappresenta secondo me un processo estremamente interessante, che riguarda tutti. È il momento in cui ci troviamo di fronte alle nostre prime vere paure. Durante l’infanzia non hai mai paura di perdere qualcosa o qualcuno, tutto ciò comincia quando entri a far parte del mondo degli adulti. Proprio il tema della perdita assume grande importanza, perché nel bambino non c’è mai l’idea di perdere qualcuno attraverso la morte, sei solo proiettato nella vita.
Ma se, proprio in questo momento, fai sì che il tuo personaggio perda qualcuno, questa perdita acquisisce un’intensità maggiore che se avvenisse in un altro momento.


-  Che  cos'è un incubo per lei e quanto può essere spaventoso? 

Per me l'incubo è qualcosa che va nella stessa direzione del l'incubo di Simon, quindi la perdita di una persona cara mi impegna parecchio emotivamente e mi da anche modo di avere delle cattive nottate di pessimo sonno però non è così legata a un immagine, a differenza di Simon che lo identifica con il lupo, è qualcosa più a livello emozionale e meno figurativo. L'incubo ricorrente di Simon in questo libro era un elemento stilistico che mi consentiva di mostrare le paure di questo personaggio perché è sempre difficile descriverle quindi mi serviva per dimostrarle. 

- Lei ha lavorato a lungo come logopedista, quanto l'ha aiutata questa professione  nell'essere scrittore? Ad esempio c'è un altro autore, Patrick McGrath, che è uno psichiatra e ha scritto molti libri partendo dalla sua professione. Lei ha attinto qualcosa dalla sua professione e dalla sua vita?

Queste due caratteristiche vanno avanti insieme. C’è tutta l’esperienza legata alla mia professione, che è durata vent’anni, che però si lega bene con il bisogno di creare con la fantasia. Quando ho iniziato a scrivere, io ho scritto soprattutto dei racconti di horror di tipo classico, con fantasmi e personaggi horror, fino a quando ho capito che dietro a questi fantasmi se ne celavano degli altri: quelli che vivono dentro di noi, nel subconscio, all’interno delle nostre paure e dei nostri timori.
Quello è stato il momento in cui ho capito che potevo passare dall’horror classico a questo nuovo stile di psicothriller. In questo senso, dunque, la mia professione mi ha dato una mano.
Quando creo un personaggio, la prima cosa a cui penso è il suo punto di vista psicologico: quali sono le sue caratteristiche, che carattere ha, quali sono le sue paure. In questo senso mi sembrava che un personaggio come Simon fosse il personaggio ideale da mettere nella mia storia, perché si 
inserisce in maniera perfetta all’interno di un cambiamento drammatico.

- Quanto pensa che ricordi e fantasia si mischino nel caso di una perdita?

Ritengo che sia molto difficile da spiegare, per me ci sono determinati ricordi che sono legati ad una perdita e che sono molto dolorosi e il subconscio si mette al lavoro affinché emergano le cose belle legate ai ricordi belli ma succede tutto a livello di subconscio ed è un processo strettamente individuale, penso sia molto difficile generalizzare. 

-  C'è una scena in particolare che ti ha coinvolto maggiormente mentre la scrivevi?

Una scena molto intensa è quella che si svolge nel vecchio hotel quando i ragazzi lo scoprono e iniziano ad entrarvi, è una scena che io ho amato molto e trovo sempre molto affascinante quando dei personaggi giovani, come i due in questione, attraversando queste rovinr vanno incontro al passato, creando uno scambio tra presente e passato. E' una scena molto intensa e ho veramente provato la sensazione di esserci dentro. Un'altra scena che ho vissuto molto intensamente è quella in cui Simon e suo fratello parlano dei cambiamenti e del fatto che è ora che Simon diventi adulto, cosa a cui si oppone e protesta fortemente, mentre Mike cerca di appianare il conflitto.

- E' più difficile superare un lutto da giovani o quando si è più avanti con gli anni?

È difficile questa domanda, ma direi che in ogni fase della nostra vita affrontare questi dolori è sempre difficile. Quando sei giovane e inesperto, queste cose ti colgono impreparato e la grande difficoltà sta proprio in questo: non hai gli strumenti per reagire.
Per quanto riguarda la mia esperienza personale, anche se ho dovuto affrontare questa cosa quando ero già ultraquarantenne, è stato comunque molto difficile, perché avevo costruito una relazione in tanti anni e poi avevo perso la persona alla quale avevo voluto bene, quindi è stato difficile affrontare la situazione, ma soprattutto accettarla, anche se in verità non hai altra scelta: l’unica cosa che puoi fare è accettare, e provare a guardare in avanti.
Credo che in ogni fase della nostra vita questo tipo di esperienza sia complessa, così come trovare
gli strumenti adatti per elaborarla.



All’inizio del romanzo scrive “Niente dura per sempre. La sicurezza è un’illusione. 
Simon Strode fece questa amara esperienza un sabato di marzo”. Cosa significa per lei sicurezza e quanto è importante essere al sicuro?
 
Direi che la sicurezza è per tutti molto importante, perché è ciò che ci dà stabilità. Nel vita dobbiamo tutti imparare che questa sicurezza non ci proviene dall’esterno, ma è qualcosa che abbiamo dentro di noi: quando tutto attorno a noi va male, possiamo trovare dentro di noi qualcosa che ci dà energia e fiducia, e allora riusciamo con maggiore facilità a gestire le situazioni difficili. Per me, almeno, è così. La sicurezza mi sembra che sia la fiducia nei nostri mezzi che riusciamo a trovare nel momento della difficoltà, e che ci permette di reagire e di guardare al futuro.

- Lei parte con un riferimento a Cappuccetto Rosso. Qual era la favola che proprio non sopportava da bambino?
 

Non c’è nessuna favola che non mi piacesse, tuttavia ci sono alcune favole che mi hanno particolarmente colpito, soprattutto certe scene che mi sono rimaste fissate nella memoria. In una di queste si parla di una ragazza che parla in continuazione con la testa tagliata di un cavallo (La guardiana delle oche), una scena veramente raccapricciante, mi è rimasta impressa anche se non ricordo più tutta la storia. E poi ci sono dei personaggi delle favole che ricordo in modo particolarmente vivido, come il lupo cattivo che è un simbolo molto preciso, direi freudiano, di tutto ciò che è negativo e cattivo, quindi sta bene sulla copertina del romanzo.
La cosa che più m’impressiona è che rileggendo certe favole con gli occhi dell’adulto si vede come ciò che è lì nero su bianco sia un autentico horror da cui, rimanendo fedeli alla lettera, si potrebbe trarre un vero film dell’orrore. Pensate al cannibalismo di Hansel e Gretel o alla matrigna di Cenerentola che danza con i piedi sanguinanti (sempre nella versione dei Grimm), eppure si leggevano tranquillamente ai bambini. Se io oggi inserissi una scena del genere in uno dei miei libri, il mio editor mi direbbe “dacci una limatina per favore, perché sei troppo brutale.”


- Per il personaggio di Caro si è ispirato a qualcuno o l'ha immaginato con la fantasia?

Caro era proprio il personaggio che volevo creare, volevo che fossse l'opposto di Simon, parte all'offensiva, non è proprio bravissima ma lo aiuta a diventare grande. In comune hanno questo fatto: si sentono costantemente persi in una sorta di terra di nessuno al confine tra l’infanzia e l’età adulta, non sanno mai dove si trovano, non sono mai accettati né da una parte, né dall’altra. Credo che questo personaggio sia stato influenzato dalle mie giovani lettrici, che mi scrivono spesso e  mi mandano fotografie facendomi veramente un grandissimo piacere. Amo molto Caro e mi sento molto legato a lei.
Aggiungo un dettaglio, a proposito delle scarpe che indossa: una sera ero a un concerto con amici e accanto a me c’era una ragazzina proprio con quelle stesse scarpe. Quando le ho viste, ho capito subito che Caro le avrebbe indossate la prima volta che entra in contatto con Simon, che le nota immediatamente. In questo modo riesco a renderla più viva e reale, perché sono qualcosa di stravagante.



- Quanto è stato difficile, a livello emozionale, costruire un finale come quello del libro? È da interpretare come la chiusura di un cerchio oppure, viceversa, come una discesa ancora più forte attraverso un baratro?

È sempre difficile parlare pubblicamente della fine di un libro però in qualità di autore hai un grande vantaggio: quello che quando cominci a scrivere un romanzo ne conosci già la fine. Almeno per me è così, quando comincio la stesura di un libro so già anche come andrà a finire. Effettivamente è un finale molto emotivo che mi ha impegnato tantissimo. Io mi pongo però in maniera neutrale e lascio al lettore la facoltà di decidere come potrebbe evolversi se in senso positivo o negativo. In generale, questo è un finale aperto. Tutta la questione ruota attorno a cosa credi tu, lettore, che possa accadere dopo ai personaggi.

- Che cosa le fa più paura?
 
Credo che la cosa che mi fa più paura sia ciò di cui sono capaci gli esseri umani, soprattutto i fanatici. Mi fa molta paura il fanatismo, qualunque forma esso assuma, politica o religiosa, si tratta sempre di una cosa pericolosa. Queste persone non accettano le opinioni altrui e sono pronte a qualunque cosa, quindi noi dobbiamo sempre essere pronti a capire cosa è giusto e cosa no. La tolleranza è fondamentale nella nostra società. 


-  Quali sono i tre scrittori che l’hanno ispirata di più?

Difficile sceglierne solo tre. Però se devo limitarmi a tre credo che un ruolo fondamentale l’abbia avuto Stephen King, anni fa ho avuto modo di conoscerlo, ed è un personaggio affascinante quanto i suoi libri, pieno di un umorismo incredibile. Anche suo figlio Joe Hill, di cui sto leggendo ora un libro, scrive in una maniera fantastica, è pieno di  fantasia. E poi mi piace molto anche Neil Gaiman. 

-  Ha mai pensato di scrivere qualcosa di diverso dai thriller?

Lo so che adesso vi metterete a ridere tutti, però stavo pensando a un libro di cucina con delle ricette italiane, perché ritengo che la cucina italiana sia veramente la migliore. Da nord a sud, in Sicilia e in Sardegna, ogni regione ha delle specialità fantastiche e vorrei fare una sorta di giro d’Italia raccogliendo ricette, ma non quelle dei ristoranti, quelle della nonna, di famiglia, che si tramandano di generazione in generazione, e di cui si va così fieri.
Non ho ancora iniziato, ma l’intenzione è quella. So che c’è già un libro scritto da Jamie Oliver, che è proprio di questo genere ed è bellissimo, però credo che mi piacerebbe fare un libro che vada proprio in questa direzione.


- Ha delle abitudini di scrittura particolari? Dove e come scrive?

Sono uno scrittore noioso e ho una giornata di lavoro estremamente normale. Alle sei ci alziamo, alle sette mia moglie, neurologa, esce per andare al lavoro e io comincio a lavorare. Mi siedo alla scrivania e scrivo, faccio una pausa di metà mattina e una per il pranzo. Se dopo questa pausa non ho lavorato troppo e me la sento riprendo a scrivere, ma non è detto. Se non continuo faccio cose esaltanti, tipo la dichiarazione dei redditi, rispondo alla posta e mantengo i contatti con i lettori. Poi mi dedico al giardino e alla casa, oppure esco a fare un giro.
La musica mi serve per creare delle atmosfere, per scrivere determinate scene, ma durante la fase di scrittura vera e propria in genere non ascolto musica, ho provato ma non ha funzionato. Ho dei suoni, abbastanza monotoni e con una valenza ipnotica, che mi aiutano a mettere a fuoco il testo e a concentrarmi meglio. Un’altra cosa che mi aiuta è il tempo: quando fuori piove spalanco la finestra e ascolto il rumore della pioggia.


- A quale dei suoi libri si sente più legato emotivamente?

È una bellissima domanda che mi viene posta spesso, ed è come chiedere a un papà qual è il suo figlio preferito. Per ogni libro si crea un rapporto particolare, nell’anno che impieghi a scriverlo. In quest’anno tante cose si mettono in movimento, cambiano, ci sono rapporti personali che subiscono un’evoluzione. Ogni singolo libro evoca dei ricordi particolari.
Nel caso de "Il superstite" vivevo ancora nella mia mansarda, l’ho scritto durante un’estate caldissima e l’appartamento era bollente, però volevo ambientare questa storia in pieno inverno. Quindi, mentre c’erano trenta gradi ho immaginato che i miei personaggi si muovessero in un inverno gelido e pieno di neve: credo che nel libro faccia così freddo proprio perché ho dovuto metterci tanta energia.
Ogni storia è legata a qualche piccolo racconto. Nel caso de "Il mio cuore cattivo" c’è la prospettiva di una ragazza sedicenne e io sono un maschio ultraquarantenne, quindi ho dovuto tentare di pensare come una sedicenne e provare le sue sensazioni, mettendomi letteralmente nei panni di una ragazzina. Mia moglie mi ha aiutato, e anche nostra nipote.
Tutto è stato filtrato attraverso ogni esperienza del quotidiano, ed è forse per questo che il personaggio poi risulta così vivo e reale.
Ci sono sempre rapporti particolari che tu ti strutturi con ogni libro che scrivi.


-  Nel libro si parla anche di bullismo. Che dimensioni ha il fenomeno in Germania?

Se ne discute tantissimo. Due anni fa, quando ancora lavoravo in ambito psichiatrico, ho avuto modo di occuparmi di due vittime di cyber-bullismo. Internet ha mostrato un certo aspetto dell’essere umano che altrimenti non sarebbe probabilmente emerso. Attraverso l’anonimato che garantisce la rete, alcuni osano fare cose che altrimenti non avrebbero mai fatto, con effetti a volte decisamente drammatici. Ho presente il caso di una ragazza che è stata bullizzata e che è stata picchiata, svestita e filmata.
È un modo per distruggere psicologicamente una persona. In Germania la situazione sta peggiorando. Non vorrei sembrare uno di quei vecchietti che ce l’ha sempre con i giovani, però è vero che oggi ci troviamo di fronte a delle situazioni che non avremmo mai immaginato potessero esistere. Soprattutto, stiamo perdendo il rispetto per gli altri e il  compito della mia generazione è di insegnare di nuovo ai nostri figli il rispetto per gli altri, anche quando sono più deboli o la pensano diversamente. Dobbiamo insegnare che va dato a tutti il rispetto che noi ci aspettiamo dagli altri.


- Ha terminato il libro a luglio 2015. Cos’ha fatto in questi mesi?

Ho cominciato a scrivere un nuovo libro. Sono una persona estremamente superstiziosa e quindi mi comporto come quando ti sta per nascere un bambino, ma non vuoi dire il nome prima della nascita. È ancora una storia terribile, con un argomento molto particolare, che mi stava estremamente a cuore. Il mio editore tedesco, quando gli ho raccontato come funzionava la mia idea, mi ha guardato veramente con degli occhi così e mi ha detto “ma sei sicuro?”.
Ma io lo sto scrivendo, sono molto fiducioso e spero di finirlo il mese prossimo. L’uscita in Germania è programmata per la prossima primavera. Subito dopo uscirà anche in Italia. 

Un indizio: si parla di bambini.

In attesa del suo prossimo libro vi auguro una buona lettura di Incubo!


Commenti

  1. Caspita una vera reporter!!! Complimenti, davvero. Hai addirittura fatto la foto con lui. Anche io adoro il rumore della pioggia come lui!! Ahaha. Un abbraccio super!!

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    Risposte
    1. Grazie mille Roberta!! È stata davvero una fantastica esperienza e lui è gentilissimo e molto disponibile. Un bacio :)

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